Il cantiere è finito…

Ghostarchitects

E poi arriva quel momento in cui bussi e devi chiedere permesso. Porta blindata chiusa, nessun rumore molesto all’interno. Perchè il cantiere non esiste più, al posto dei muratori e dell’idraulico che impreca con la braga trovi il legittimo proprietario di casa, il cantiere si è trasformato di nuovo in un luogo abitato, il tuo mestiere può dirsi finito. Il nostro cliente è ormai ex (se tutto è andato bene…), ci invita a entrare, mi accorgo che entrambi d’istinto controlliamo se ha le pattine ai piedi per non rovinare il nostro…ok, il suo parquet. Silvia sorride ma dentro so che sente già un pò di nostalgia, seguiamo i padroni di casa mentre ci mostrano orgogliosi la stampa che hanno appena appeso sulla parete che un mese prima era un colabrodo, con i corrugati dell’impianto elettrico che correvano felici in bella vista straziando il muro di mattoni forati. Allora il padrone di casa -in estemporanea visita- ci aveva chiesto timoroso se sarebbe andato tutto bene, e io con sguardo fermo lo avevo rassicurato, Silvia intanto stava convincendo il gessista che una presa era stata chiusa per sbaglio. Tutto normale. Ora osservi il muro rasato a gesso e tinteggiato (ovviamente di grigio) e ti chiedi come abbiano potuto profanarlo con quella stampa ignobile. Silvia sorride, ma vorrebbe togliere la stampa e buttarla in cortile. E’ casa loro, lo è sempre stata. Ma è anche un pò nostra, è un pò Ghosts! Nostalgia del cantiere, e gelosia. Ti manca persino l’idraulico, che aveva montato il wc storto e sosteneva che fosse un effetto ottico. Tutto finito, collaudato, consegnato, pulito. Il bar di sotto ha qualche caffè in meno da fare, il vigile urbano ora passeggia tranquillo senza spazientirsi alla vista del camioncino carico di macerie. “Possiamo fare delle foto?” L’ultimo disperato gesto dell’amante. La libreria su misura ti guarda, dice “non poteva durare, è stato bello ma adesso è casa loro”. Non ci resta che sorseggiare il tea sotto le nuove lampade a sospensione, accarezzare una parete di nascosto, un fugace saluto al nuovo bagno tirando lo sciaquone, e tornare in studio. “Come va la lavanderia?” “Benissimo grazie” “Trattatela bene, mi raccomando” Silvia smettila, non scivoliamo nel patetico. Resteranno le fotografie. Squilla il telefono. “Sì? Ma certo, potremmo fare mercoledì?” Un altro cantiere, il vecchio amante è già dimenticato. Che puttane, questi architetti.

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